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mercoledì 20 marzo 2013

Scarcelle e Taralli

Quest'anno avevo deciso che non avrei rispettato la tradizione... niente Scarcelle!
E invece la mia amica Anna mi ha chiesto una buona ricetta, una di quelle consolidate in famiglia, che desse un risultato sicuro. 



Dovete sapere che le Scarcelle - dolcetti tradizionali della Pasqua pugliese -  che la Domenica delle Palme si regalano alla suocera, o che il fidanzato compra per la fidanzata, oppure che le mamme preparano per i piccoli di casa, sono fatte con un impasto di farina, uova, zucchero, latte, olio, cremor tartaro o ammoniaca; con una o più uova sopra - sempre in numero dispari - a seconda dell'importanza del destinatario del dono...
 A casa mia le Scarcelle, così fatte, non hanno mai avuto gran fortuna. Questione di gusti forse, oppure non ho mai trovato la ricetta con le giuste proporzioni, per cui mi sono affidata all'impasto  per i Taralli di Pasqua di zia Rachele, che è sempre stato garanzia di successo e che grazie a mia cugina Cettina, che la custodisce, può essere tramandata ai posteri. ^_^
- Ecco, questo è l'impasto che piace a me - ha affermato sorridendo mio marito appena ha assaggiato un tarallo dalla prima sfornata di Scarcelle e Taralli che stavo preparando... 
-Giusta consistenza, giusta friabilità, giusto sapore! -  Pfiuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuu... menomale!!! Sennò chi se lo  doveva sentire pure quest'anno ? ^_^




Vabbè, vi premetto che  la pasta non è facilissima da gestire per fare le forme da Scarcelle, è molto più semplice ricavarne Taralli, ma con un po' di  pazienza e di accortezza il risultato non vi deluderà.

Scarcelle e Taralli



0per l'impasto:
400 gr di farina 00
2 uova
125 gr di burro
125 gr di zucchero
1 cucchiaino di estratto di vaniglia
1 bustina di lievito per dolci
mezza buccia di limone grattugiata
un pizzico di sale
pochissimo latte  solo se necessario (a me non è servito)

per decorare:
uova (crude)
zucchero a velo
acqua
codette colorate
qualche fiorellino in pasta di zucchero

Per prima cosa bisogna sciogliere il burro e lasciarlo intiepidire, quindi  impastare tutti gli ingredienti in una ciotola, fino ad ottenere un impasto liscio e omogeneo. Lasciar riposare la pasta in frigo, avvolta da pellicola, per circa un'oretta e successivamente stenderla col matterello in uno strato non troppo sottile  su un foglio di carta forno. Tagliare le forme desiderate, poggiarci sopra le uova crude (ben lavate e asciugate) ingabbiandole con treccine di ritagli di pasta. Se fate la Colombina o un Agnellino, ricordatevi di mettere un chicco di caffè per simulare l'occhio.. Io me ne sono dimenticata e l'ho dovuto mettere dopo.. :D




Trasferire le Scarcelle sulla teglia direttamente con la stessa carta forno su cui si è già steso l'impasto, con delicatezza e senza manipolarle troppo. Cuocere a 180° per circa 30 minuti o fino a che non avranno un bel color biscotto. Non toccare assolutamente le Scarcelle finché non saranno completamente fredde: sono friabili e di conseguenza molto fragili. Reimpastare velocemente tutti i ritagli e farne Taralli della grandezza desiderata.
Infine per decorare, preparare una glassa trasparente con zucchero a velo e un po' d'acqua; spennellarla sulle Scarcelle, cospargervi su un po' di codette  colorate e completare con qualche fiorellino in pasta di zucchero.




Alla prossima,

 Ornella


Edit: se l'impasto lo fate nella planetaria con la foglia, verrà liscio e omogeneo in pochissimi minuti.
Montate le uova con lo zucchero, aggiungete la farina setacciata e il lievito, la buccia di limone se vi piace, infine il burro sciolto. Tenete l'impasto in frigo, quindi formate le scarcelle; spennellatele con rosso d'uovo battuto con un po' di latte e decoratele con gli zuccherini. Tenete la teglia in frigo per un'ora e poi infornate.
Queste  le ha fatte Paola!


Scarcelle Interno Otto



Testi ed immagini sono protetti dalla legge sul diritto d'autore n. 633/1941 e successive modifiche. 
Copyright 2009-2013© Ornella Ammodomio - All Rights Reserved

martedì 9 ottobre 2012

Seppie ripiene alla tarantina

Ricordo che nelle grandi occasioni in cui la nostra famiglia si riuniva insieme a tutto il parentado, a mia madre veniva chiesto di preparare una teglia di Seppie ripiene alla tarantina. Lei ogni volta si stringeva nelle spalle cincischiando: "se trovo le seppie che dico io, quelle piccoline, volentieri...." diceva, non dando mai la certezza che avrebbe esaudito desiderio di quanti gliel'avevano chiesta. 
Me la ricordo come fosse ieri, chiedere  al suo pescivendolo di fiducia  (Basile, in fondo a via Anfiteatro) di metterle da parte  per il giorno successivo le seppie migliori, pregandolo di pulirle togliendo anche il "becco", ma di lasciarle con la pelle e con i tentacoli"che quelle sono le parti più saporite", affermava sicura di sé. E poi bisognava comprare il pane casereccio, quello di quel tal panificio, con tanta morbida mollica, altrimenti le sue Seppie non sarebbero mai state all'altezza della fama che negli anni si erano conquistate in tutta la sacra famiglia.


Seppie ripiene alla tarantina

Una volta a casa, guardavo incantata le sue dita scavare il pane per ridurne pazientemente la  mollica in tante  piccole briciole...  Poi le metteva in un largo piatto piano che copriva con un tovagliolo e le lasciava seccare almeno una notte. Il giorno successivo, dopo aver ripassato le briciole di pane tra le dita per renderle il più piccole possibile, snocciolava le olive  nera all'acqua che le macchiavano le dita per giorni e giorni... Ma  lei non metteva i guanti, che sennò  le poteva scappare qualche nocciolo e allora sarebbero stati guai seri! Insomma, quando mia madre preparava le Seppie  ripiene alla tarantina, a casa mia si celebrava un vero e proprio rito che durava almeno tre giorni. E non perché la ricetta fosse particolarmente complicata, ma perché per certe ricette di tradizione ci vuole amore, rispetto, dedizione e il tempo che ci vuole...^_^  

Quindi oggi, cari i miei lettori :), vi tocca una ricetta di famiglia... non solo della mia d'origine of course, ma anche della quasi totalità delle famiglie tarantine.
Le dosi degli ingredienti infatti, sono opera delle mia carissima amica, nonché concittadina, Tiziana Ingrassia, custode attenta delle ricette della nostra tradizione tramandatale da sua nonna. Io invece, come la mia mamma, faccio tutto a occhio. :D


Seppie ripiene alla tarantina


SEPPIA Ripiena alla tarantina




8 seppie  medio-piccole
200 gr. di mollica  rafferma di pane casereccio
80 gr. di olive nere (quelle che tingono come queste qui)
50 gr. di pecorino * 
olio extravergine q.b.
sale q.b.

Sbriciolate ben bene la mollica del pane, mettetela in un piatto, copritela con un tovagliolo e lasciatela seccare per almeno 12 ore. Denocciolate le olive, mescolatele alla mollica, mettete un pizzico di sale - poco, eh...- olio e formaggio grattugiato, fino a formare un impasto morbido ma compatto, che sarà la farcia delle seppie. Ungete una teglia, adagiatevi le seppie riempite con la farcia, aggiungete un filo d'acqua e quel po' di ripieno che vi avanza negli gli spazi vuoti tra una seppia e l'altra. Coprite il tegame e mettetelo sul fornello a fuoco basso per 20 minuti circa. A fine cottura, togliete il coperchio, cospargetele di pangrattato finissimo, un giro d'olio e infornate con la funzione grill, max 10 minuti. Appena le seppie saranno gratinate, toglietele subito dal forno e copritele, lasciandole riposare almeno 5-10 minuti. Possono essere servite calde, ma vi dirò che, per i miei gusti,  appena tiepide danno il meglio di sé.

*La ricetta tradizionale tarantina non prevedeva l'uso del formaggio, non perchè non ci stesse bene, ma esclusivamente perchè essendo  la cucina tarantina una cucina davvero povera, lo sostituiva  con il pane secco.

Buona giornata a tutti,

Ornella


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mercoledì 12 ottobre 2011

Fave scarfate con riso, cipolla e uva

Quando un pugliese lascia la sua terra per vivere altrove ne conserva un ricordo struggente...
Rammenta vocaboli e modi di dire del suo dialetto spesso dimenticati, ma soprattutto i profumi e i sapori, rimasti indelebili nella  memoria, gli riportano alla mente scene di  vita familiare: mamme, nonne, zie, intente a rimestare nelle pignate poste sulla cucina economica;  uomini e bambini intorno alla tavola imbandita; scene di gioia e di serenità incise nella memoria.
Così Roberto, un caro vecchio amico perso di vista  sin dai tempi dell'Università - lui a Torino, io a Bari -  ritrovato dopo anni grazie a Internet, mi racconta via mail  di una ricetta con le fave, di cui non avevo mai sentito parlare prima. Forse tipica del suo paese (Carosino) oppure cucinata da sua madre per accontentare il marito che era di origine salentina. Chissà...?!
 Eh sì sì, allora usava imparare dalle suocere le ricette preferite dai futuri compagni di vita, per non far rimpiangere loro la cucina di mammà! Altri tempi... Non c'era Internet e neppure i blog. ;) 
Una volta - ammazza quanto mi sento vecchia ;) - si imparava a cucinare de visu, cosi che, oltre alle ricette della propria famiglia, si apprendevano "furbescamente" pure quelle  della suocera, che andavano a contaminare, certamente arricchendo, il proprio patrimonio culinario.
Ebbene Roberto mi scrive testualmente: "Dopo aver cotto e lavorato le fave come descrivi nella tua ricetta, magari il giorno prima che così risidiano (ndr:riposano) - le minestre scarfate (ndr:scaldate) sono più buone... - si fanno friggere in olio extravergine pugliese, delle cipolle (meglio se rosse, sono più dolci...) fino al rosolamento (anche un poco di più...)  - la sorella di mio nonno le faceva quasi bruciare...sapore divino! - quindi le si versa con tutto l'olio di frittura sul puré di fave, tenuto fresco (non freddo, ché si perde il sapore...) e si mangia accompagnando il tutto  con crostini di pane abbrustolito e con chicchi di dolcissima uva bianca nostrana. 
E' uno spettacolo!!!! Qualcuno ci mette anche del riso lessato in acqua salata...altra variante.
Certo saprai che i nostri contadini lasciavano apposta un poco di puré per ripassarlo il giorno dopo nella pignata, sul fuoco della cucina economica, dopo avergli aggiunto un pugno di farina, acqua, olio e peperoncino. Nel dialetto del mio paese si chiamava  " 'ndrommese"
Non so da dove arrivi il termine; credo di poter ipotizzare una provenienza araba; o greca... Forse l'esclamazione di piacere di Ercole (ndr: Secondo Aristofane, pare se ne cibasse in grande quantità), un poco rincoglionito dal Primitivo...va' a sapere. :DDDD
 Certo arrivava dalla povertà, della cui dignità s'è purtroppo perso il senso."

Fave scarfate con riso, cipolla e uva

Purè di fave, riso e uva

Che altro posso aggiungere? La ricetta è già stata ben spiegata...
Il mio parere, dopo averla gustata, è che rappresenta un raro esempio di sapori bilanciati alla perfezione, incredibilmente e sorprendentemente buonissima!!!!!
Adoro le ricette di famiglia molto più di tante strampalate novità, strombazzate a destra e a manca come piatti da urlo. E che  grande ricchezza  rappresenta la nostra cucina antica di tradizione... Ne vogliamo parlare? Che bellezza!!! *_* 
Spero che la ricetta di Roberto vi piaccia, tanto quanto è piaciuta a me!

Buonissima giornata a tutti,
Ornella


 EDIT 20/8/2017


 Dopo aver parlato di questa preparazione nel 2011 grazie al mio amico Roberto, altre coferme autorevoli dell'uso di unire l'uva al puré di fave riscaldato sono arrivate da altri cultori del cibo pugliese.  Alcuni parlano di uva bianca, altri di uva nera, meglio se uva da vino. Quello che emerge dai loro ricordi è che certamente questa usanza è molto molto antica. 
Perchè non si perdano le tracce di questi ricordi, riporto fedelmente quanto scritto.

Alla fine dell'estate 2011 durante un week end a Campomarino di Maruggio un mio caro amico mi fece assaggiare un antico piatto della tradizione locale, il purè di fave con uva di primitivo di Manduria. Uno di quei piatti legati al momento della vendemmia e al territorio che prima non conoscevo e che comunque appartiene alla tradizione e a nessun altro. Io ne ho solo lasciato traccia, dopo attenta ricerca, scrivendo un articolo pubblicato su Italia a Tavola nel gennaio 2012
Miki Artifix 1978 tour del Salento in campeggio nautico ....mangiai lo stesso piatto ! noi offrimmo del pesce appena pescato
Vittorio Stagnani I miei ex suoceri di Ceglie Messapica mi parlarono anni fa di questo piatto. Lo preparai mischiando ai chicchi al macco. Eccezionale! Ne scrissi in un mio libro "I racconti della pentola". C'era la consuetudine (racconto di Lino Carparelli) tra i vendemmiatori di mangiare il macco senza olio, ma con chicchi d'uva bianca, raccolti lì per lì dalla vigna. Era questo tutto il pranzo. Serenità!
Cosimo Lombardi Ottimo piatto. 
Quanto all'uva, quando mi è possibile, prediligo quella da vino.
Primitivo o negramaro.

Preferibilmente grappoli spargoli.
Cosimo Lombardi Io la mangio da sempre. 
E prima di me, i miei genitori, nonni ecc.
Ricette di masseria.
Rosa Patrizia Landi Scoop! Prima ho mandato il link a mia sorella e ora mi ha risposto che il marito le ha sempre detto che quando era piccolo a Francavilla mangiavano sempre il purè di fave con l'uva!
Alessandra de Leonardis Ornella ! La conosco bene questa ricetta 💗 e mi ricordo come ieri il piatto con su il bel grappolo d'uva bianca che mio nonno spiluccava per accompagnare le fave scarfate 😍
Silvia Fumarola A Martina si dice fef scafèt... 😊 il riso si aggiungeva per "allungare" se non erano sufficienti per tutti
Ne ho mangiato la versione con l'uva, molto buona, una ventina di anni fa da Lillino del Cibus, a Ceglie Messapica. Ciao Ornee😘
Ornella Mirelli Sono felice di aver stimolato i vostri ricordi!!!!
Gestire
Alessandra de Leonardis e sono i ricordi più belli 💗
Rimuovi
Ornella Mirelli E' per voi che continuo a scrivere sul blog!!!












Con questa ricetta partecipo alla raccolta settimanale di WHB# 305 che in questa settimana viene ospitata da Cindystar.  Haalo è l'organizzatrice in carica, Kalyn è la fondatrice e  Brii è l'organizzatrice Italiana.

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venerdì 22 aprile 2011

Torta di Pasqua al formaggio: la ricetta originale di Paola Lazzari

Quante ne avete viste in giro per i foodblog in questo periodo? 
Essì, di tutti i tipi, di tutte le dimensioni, anche con nomi diversi: la Crescia; la Torta salata; la Pizza al formaggio...
In realtà la ricetta di Paola Lazzari, partita  dal forum di Cucina Italiana nel 2007, ma forse pure prima, dove è diventata in breve un vero e proprio tormentone che continua tuttora (c'è anche una sua versione con Lievito Madre), ha fatto il giro del mondo per ritornare qui! :D Giusto ieri, cercando velocemente con Google, ne ho trovate almeno una decina, tutte e dico tutte con le stesse dosi degli ingredienti - grammo più, grammo meno - e pressapoco lo stesso procedimento; alcune davvero identiche, scritte con le stesse parole, ma nessuna che facesse riferimento all'autrice, neppure per dire di aver tratto l'ispirazione dalla sua ricetta... Che novità, eh? ;)
Non che Paola l'abbia inventata di sana pianta, essendo una ricetta tradizionale della migliore cucina italiana, ma sicuramente ne ha approfondito le tecniche, dosato alla perfezione gli ingredienti (non aggiungete sale, per carità!), mettendo a punto una ricetta straordinariamente buona, che dà un prodotto dal profumo irresistibile! Lo sottolineo a scanso di equivoci, onde evitare le solite sterili inutili chiacchiere, a volte in mala fede, di chi fa finta di non capire...
Nessuno vuole attribuirsi "l'invenzione" della Torta di Pasqua al formaggio, ma lo studio e gli esperimenti sul campo per ricavarne una ricetta di sicura riuscita, sì!!!
Ed anche se qui, su Ammodomio, la ricetta è già presente perché la sua splendida versione dall'originale (beh, la sua correttezza è proverbiale, ma anche la sua non è da meno, in verità) è stata protagonista del Calendario 2010 nella Pagina di Aprile, mi sono lanciata e l'ho preparata anch'io!





Torta al Formaggio umbra-Ricetta di Paola Lazzari

Sebbene io sia una campionessa delle libere interpretazioni - lo sapete tutti ormai, chevelodicoaffà? :D - ritengo che alcune ricette non possano essere modificate, pena la non perfetta riuscita. Insomma, se fate "ammodovostro" la Torta o la Pizza di Pasqua al formaggio umbra, avrà pure un buon sapore - non dico di no - ma non avrà tutte le caratteristiche dell'originale!!!!!!
Bene, ricondotta questa straordinaria ricetta alla sua origine, mica ci vogliamo perdere l'occasione di farci svelare tutti i segreti da chi l'ha messo a punto ? Eccerto che no!!!
Ma prima di passare la parola alla "mia maestra" ;) mi cospargo il capo di cenere...
La mia versione, pur avendo tutte le caratteristiche di sapore, profumo, sofficità e leggerezza dell'originale, non ha una cupoletta perfetta! :(((
Sapete perché? Ho ritardato di una decina di minuti il momento di infornarla e si è creata una sorta di bolla d'aria che ne ha compromesso la buona riuscita. Grrrrrrrrr...
A mia parziale discolpa, devo confessare che mi sono distratta perché aspettavo un piccolo prezioso pacchetto, il cui contenuto vi svelerò a breve... 
Secondo voi quando poteva suonare il postino? Giusto giusto, mentre sorvegliavo attentamente la lievitazione della  mia Torta... Che tempismo, 'sti postini!
Vabbè, spero che la signora dell'Interno Otto, sia clemente e non mi sgridi troppo.^_^

Passo  dunque a lei la parola,


 Ornella


DSC036




Cara Ornella, ti perdono giusto perché so che a questo pacchetto tenevi tanto, altrimenti ti avrei bastonato come mio solito... :DDDDD
Guai dimenticare una Torta al formaggio mentre finisce di lievitare!!! Troppo importante per me, senza di lei non è Pasqua!







Ma come nasce la Torta al formaggio? 

Diciamo subito che è una preparazione tipica della Pasqua e che quindi compare sulle tavole umbre solo in questo periodo, anche se un tempo si preparava pure per il 6 Gennaio, giorno di Pasqua Epifania, che per tradizione popolare è la prima Pasqua dell'anno. Il trionfo però della Torta avviene nella domenica della resurrezione di Cristo, dove al mattino occupa il posto d'onore insieme alle uova sode e al capocollo.
Una volta la sua preparazione, che avveniva durante la Settimana Santa, occupava l'intera famiglia, sia per le quantità di impasto piuttosto massicce, sia per la metodologia usata che prevedeva l'uso del lievito madre. Si cominciava nel tardo pomeriggio e si continuava alternandosi durante la notte, per poi arrivare in tarda mattinata con i tegami pronti per essere infornati nel forno a legna proprio, o quello del panettiere. 
La consuetudine era di fare tante torte, almeno 10 o 15, per cui si accantonavano le uova durante la Quaresima, tenendo conto che per tradizione si utilizzava un uovo ogni etto di farina. Spesso venivano anche utilizzate uova diverse da quelle di gallina come quelle di anatra e di oca, che essendo più grandi facilitavano il raggiungimento del numero necessario. I tegami, come già detto in altro post, erano alti, stretti e svasati, per enfatizzare la lievitazione, fatti di coccio, come quelli per i vasi dei fiori. 
In alcuni forni a Perugia è possibile ancora ammirare questi splendidi tegami, realizzati solo per la torta al formaggio, che viene chiamata appunto Torta, nel ternano Pizza,nell'eugubino Crescia.
Se teniamo quindi conto di come una volta veniva eseguita la Torta al formaggio, capiamo subito che era molto differente da quella che si mangia ora. L'utilizzo della pasta madre, l'uso di uova di diversa origine, la cottura in stampi di coccio in forni a legna, l'utilizzo esclusivo del formaggio pecorino e di strutto, ne caratterizzavano sapore e struttura: Il risultato era una torta saporitissima, dal profumo intenso, pesante e compatta, ben diversa da quella delicata e soffice a cui siamo abituati.
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L'utilizzo della pasta madre, spesso non esattamente dosata e preparata, la lavorazione manuale; case senza riscaldamenti, fredde e piene di spifferi, compromettevano certamente il risultato. Ma anticamente non si guardava tanto alla sofficità della torta, quanto al suo sapore e al suo potere saziante, del resto come si faceva per il pane. E certamente le vecchie torte di sapore ne dovevano avere molto...
La mia ricetta, prendendo spunto dalla tradizione e quindi lasciando invariato il rapporto di un uovo ogni etto di farina, ha cercato di rendere più leggera e più rapida la preparazione, sostituendo parte dello strutto con olio extravergine di oliva, parte del pecorino con Parmigiano Reggiano, e la pasta madre con il lievito di birra. Il risultato è una Torta al formaggio buona, ricca nel gusto, soffice e leggera... nonchè facile e rapida da fare. Insomma in linea con i tempi. Anche se questa Torta non può essere annoverata come tradizionale, vi assicuro che è molto più buona di quelle che normalmente vengono vendute nei panifici. Se vi dicessi che sull'etichetta di una di queste ho letto tra gli ingredienti "Formaggio liofilizzato in polvere", voi cosa direste??? Io ho pensato ad un'enorme " Fonzies " !
No, la Torta al formaggio è tutta un'altra cosa! Ecco allora la ricetta e il modo di eseguirla con tanti suggerimenti per realizzarla perfetta.



TORTA AL FORMAGGIO

trascrivo la ricetta originale così come la pubblicai,  con le mie parole, sul forum di cucina italiana nel 2007



La ricetta ha più di un secolo ma viene sempre bene (è della bisnonna di Perugia)

5 uova
300 g di farina 0 + 200 g di manitoba
100 ml di acqua
25-30 g di lievito di birra
1 cucchiaino di zucchero
1          "         di sale (assaggiare)
1          "         di pepe
5 cucchiai di olio evo (umbro)
50 g di strutto (No sostituti)
250 g di formaggio grattugiato misto ( SOLAMENTE Parmigiano Reggiano e Pecorino Romano in proporzione variabile secondo i propri gusti. Metà e metà forse è il giusto mezzo. Se piace più saporita aumentare la quantità di pecorino. Per questo il sale va dosato in base al tipo di formaggi)



Sciogliere il lievito con lo zucchero nell'acqua tiepida e lasciare fermentare nel bicchiere, meglio se di plastica, per 5-6 min. Unire il lievito sciolto a poca farina formare un piccolo pastello e lasciare fermentare, coperto di farina, 40-50 min. Nel frattempo sbattere le uova, unire il sale, il pepe, i formaggi grattugiati ed infine l'olio : lasciar amalgamare i sapori...Quando il pastello sarà tutto screpolato unire mano a mano l'impasto di uova e formaggio ed impastare con la farina...Impastare bene e alla fine unire lo strutto morbido. Impastare bene e a lungo.L'impasto è morbido non superare i 600 g di farina. Lasciar riposare l'impasto a temperatura ambiente per 45 min. coperto, quindi metterlo nella teglia alta, stretta e svasata, ben unta, e far lievitare in luogo caldo fino al bordo della teglia.

Cuocere a 200°C con vapore nei primi 20 min. Introdurre la teglia nel forno appena acceso in questo modo la torta non fa subito la crosta e sviluppa di più. Cottura un'ora circa Dopo 45 min. controllare con lo stecco. Deve essere comunque ben asciutta. Va mangiata dopo 3 o 4 giorni dalla cottura altrimenti non acquista il suo sapore. In pratica fra domani o dopodomani devi farla, se la vuoi gustare la mattina di Pasqua nel pieno del suo sapore.
Sono quasi trenta anni che la preparo e ti garantisco che è facile e buonissima. Falla perchè ti darà molta soddisfazione ed è MOLTO più buona di quelle in commercio o dei vari forni. 





    Torta al formaggio






    Ecco alcuni accorgimenti per ottenere un buon risultato


    1) Scegliete i formaggi ben stagionati, sia il Pecorino Romano, sia il Parmigiano Reggiano. La torta sarà più buona e si conserverà più a lungo, senza sviluppare muffe. Sul rapporto fra loro, vi lascio liberi nel decidere. Dipende se si vuole una torta più o meno delicata. Anche il sale va regolato in base ai formaggi scelti. Non più di 5-7,g in ogni caso.

    2) La miscela di farine è indicativa, se non siete certi che la vostra farina tipo "0" sia abbastanza ricca in proteine, potete fare una miscela al 50% di Manitoba.La quantità indicata è di 500 g ma a seconda di numerosi fattori (umidità dei formaggi, grandezza delle uova, forza della farina) potrebbe essere necessario qualche cucchiaio in più. Regolatevi con la vostra esperienza.

    3) Il pepe non serve per rendere piccante la Torta, ma per darle il suo particolare profumo. Non rinunciatevi!

    4) I formaggi vanno grattugiati finemente: se usate una grattugia elettrica cercate di rendere ancora più fine il formaggio sfregandolo fra le mani. In questo modo la mollica della torta sarà soffice e compatta.

    5) Potete lasciare il composto di uova e formaggio a riposare anche un paio d'ore. L'impasto verrà ancora meglio.


    6) Lavorate molto la pasta. Sarà pronta quando sarà possibile tirare un piccolo pezzo di pasta in modo da formare un velo senza che questo si stracci.


    7) Spesso consiglio l'uso della Macchina del Pane per velocizzare i tempi di impasto. Il mio consiglio è, in questo caso, di non avvalersi di essa, nè per impastare, nè per cuocere. L'impasto risulta troppo unto (il calore fa fuoriuscire i grassi) e la torta risulta umida, grassa e pesante. Non dico che viene cattiva, ma certamente non ha nulla a che vedere con quella impastata a mano, o con impastatrice.

    8) Cercate di dare forma rotonda all' impasto prima di calarlo nella teglia. Procedete come se doveste dare la forma al Panettone. Su You tube ci sono filmati più che esplicativi. In questo modo avrete una bella cupoletta dopo la cottura!

    9) Cuocere bene la torta che deve risultare ben asciutta all'interno. Se l'impasto è ben lavorato e ben lievitato la torta cuocerà in poco tempo (40-45 min) e la mollica risulterà soffice come quella del Panettone. Viceversa, se l'impasto non è stato correttamente lavorato, la mollica risulterà umida e sarà necessario più tempo per cuocerla, facendo brunire la calotta superiore.

    10) La torta non deve scurire, perché i formaggi prendono un cattivo sapore. Se ben lavorata la torta cuocerà divenendo appena dorata. Se l'acquistate già pronta, diffidate da torte troppo scure!

    11) La torta si conserva perfettamente per 7-10 giorni. Tenere presente che nel tempo la torta si asciuga divenendo sempre più saporita. Consiglio comunque di non mangiarla prima di tre, quattro giorni dalla cottura.
    Una busta in cellophane è perfetta per riporla anche dopo il taglio.

    12) Il metodo di cottura che propongo è una mia personale scelta che nel tempo si è dimostrata efficace. Se non lo ritenete adatto, procedete come solitamente fate.




    Con la dose  proposta e che trovate sopra, si ottiene una torta di circa 1,2 kg. Diciamo che è la dose minima per una torta al formaggio, farle più piccine significa perdere molto in fatto di gusto. Ne ho viste di molto carine formato muffins... Ripeto, molto sfiziose e forse anche pratiche da servire, ma vi assicuro che la dimensione penalizza tantissimo il gusto.


    E se la torta al formaggio non è buona, non è Pasqua !!!


     Paola

    Torta Di Pasqua al formaggio


    Con l'auspicio che condividiate con noi il piacere di avere sulle vostre tavole pasquali questa bontà, vi facciamo tanti auguri per una Pasqua serena e gioiosa,
      

    Ornella e Paola



    Piesse: Aspettatevi la nostra sorpresa, eh?! ;)




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