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domenica 22 novembre 2009

Le Pettole di Santa Cecilia

Vabbé, forse può sembrare davvero in anticipo, ma c'è una città della Puglia dove l'Avvento ha inizio oggi! Il giorno di Santa Cecilia, Patrona dei musicisti, a Taranto si perpetua una tradione millenaria: all'alba la banda gira per la città suonando musiche natalizie, mentre nelle case le donne preparano le Pettole.
In origine pare che i pastori d'Abruzzo (1) durante la transumanza passassero da queste parti suonando le loro zampogne, proprio nell'ora in cui le donne provvedevano alla preparazione del pane. Affascinate da quelle melodie, le massaie tarantine trascuravano l'impasto che, passato di lievitazione e quindi divenuto troppo molle per essere formato, finiva fritto a cucchiaiate in abbondante olio d'oliva.

Insomma, questo per dirvi che pur non vivendo a Taranto da molti anni, come le mie nonne e come mia madre, a S. Cecilia immancabilmente impasto e friggo le Pettole, anche se a casa mia di atmosfera natalizia non c'è neppure l'ombra, perché di solito provvedo ai "sacri preparativi" solo all'ultimo momento!
Ve l'ho già detto, vero? Sono fatta così... Ammodom
io!!! Ahahahahahah...
Dunque, passiamo alle cose
serie, cioè alla ricetta delle Pettole dolci di Santa Cecilia.
E' un impasto poverissimo a base di farina, lievito di birra ed acqua nelle proporzioni canoniche, ma naturalmente ho modificato un po' le dosi ed il procedimento perché ho imparato ad usare meno lievito e più farina con risultati eccellenti!
Le Pettole di S.Cecilia


Ingredienti:
  • 800-1000 gr di farina 00 (circa)
  • 25 gr di lievito di birra
  • 1 cucchiaino (da caffè) di zucchero
  • 2 cucchiani (da caffè) di sale
  • acqua q.b.
  • olio extra vergine d'oliva per friggere
  • zucchero semolato per "decorare"

Procedimento:
Prima di tutto in un bicchiere di carta riempito d'acqua tiepida per metà, preparo una pastella, sciogliendo il lievito con l'aggiunta di un cucchiaino di zucchero e circa 5-6 cucchiai di farina, copro e lascio che il lievito cominci ad attivarsi. Dopo circa 10-15 minuti, la pastella avrà raggiunto il bordo del bicchiere, allora lo verso in una pentola alta - come quelle che si usano per cuocere gli spaghetti - insieme a tutta la farina e al sale.
Comincio ad impastare a mano aggiungendo acqua tiepida e lavorando energicamente l'impasto dal basso verso l'alto fino ad avere una consistenza elastica, ma molto molto morbida e liscia.
Copro la pentola col suo coperchio e lascio lievitare finché l'impasto non triplica di volume e produce sulla superficie delle bolle (oggi c'è voluta circa un'ora e mezza).

(prima della frittura)


Si prende poi l'impasto a cucchiaiate (il cucchiaio deve essere bagnato quasi ogni volta) ed aiutandosi con le dita si fa scivolare in abbondante olio extravergine d'oliva, messo a scaldare in un tegame dai bordi alti.
Si sgocciolano le Pettole con la schiumarola, si mettono in un piatto coperto di carta da cucina per togliere l'olio in eccesso ed infine si rotolano in abbondante zucchero semolato.

Spero di essere riuscita a rendere l'idea di come si preparano queste semplicissime frittelle, croccanti all'esterno ma morbidissime dentro, con tantissimi auguri a tutti i musicanti e suonatori!
1. Faccio una piccola noticina a questo post. Non ero certa - diciamola tutta, ad avere dubbi era mio marito - che i pastori abruzzesi durante la transumanza arrivassero fino a Taranto, per cui avevo messo un punto interrogativo.Grazie ad Artemisia Comina che mi ha segnalato questo sito, ho cancellato il punto interrogativo! ihihihihih...
Grazie mille Arte', non si finisce mai d' imparare!!!!!!
@@@ Le Pettole salate le trovate qui!


Edit del 21 Novembre 2012
Foto pijate!!!!

 Volete sapere in quanti si sono appropriati di queste foto? Semplice! Basta fare una ricerca in Google immagini et voilà... 3 pagine di foto pijate!!!



 Niente di nuovo sotto il sole, se non fosse che alcuni siti approfittatori, neghino anche l'evidenza.
Alle mie proteste sulla loro pagina facebook i signori di Buonissimo Magazine rispondono così... :D





Rimuovono la nostra foto sostituendola  al volo con un'altra presa chissà dove, ma non ammettono il torto e non chiedono neppure scusa!!! Peccato che la foto delle nostre Pettole compaia ancora sia nella copia cache che nelle loro pagine! :D :D :D






Finirà mai 'sta storia dei furbetti che si approfittano del lavoro altrui?

Testi ed immagini sono protetti dalla legge sul diritto d'autore n. 633/1941 e successive modifiche. 
  

mercoledì 12 ottobre 2011

Fave scarfate con riso, cipolla e uva

Quando un pugliese lascia la sua terra per vivere altrove ne conserva un ricordo struggente...
Rammenta vocaboli e modi di dire del suo dialetto spesso dimenticati, ma soprattutto i profumi e i sapori, rimasti indelebili nella  memoria, gli riportano alla mente scene di  vita familiare: mamme, nonne, zie, intente a rimestare nelle pignate poste sulla cucina economica;  uomini e bambini intorno alla tavola imbandita; scene di gioia e di serenità incise nella memoria.
Così Roberto, un caro vecchio amico perso di vista  sin dai tempi dell'Università - lui a Torino, io a Bari -  ritrovato dopo anni grazie a Internet, mi racconta via mail  di una ricetta con le fave, di cui non avevo mai sentito parlare prima. Forse tipica del suo paese (Carosino) oppure cucinata da sua madre per accontentare il marito che era di origine salentina. Chissà...?!
 Eh sì sì, allora usava imparare dalle suocere le ricette preferite dai futuri compagni di vita, per non far rimpiangere loro la cucina di mammà! Altri tempi... Non c'era Internet e neppure i blog. ;) 
Una volta - ammazza quanto mi sento vecchia ;) - si imparava a cucinare de visu, cosi che, oltre alle ricette della propria famiglia, si apprendevano "furbescamente" pure quelle  della suocera, che andavano a contaminare, certamente arricchendo, il proprio patrimonio culinario.
Ebbene Roberto mi scrive testualmente: "Dopo aver cotto e lavorato le fave come descrivi nella tua ricetta, magari il giorno prima che così risidiano (ndr:riposano) - le minestre scarfate (ndr:scaldate) sono più buone... - si fanno friggere in olio extravergine pugliese, delle cipolle (meglio se rosse, sono più dolci...) fino al rosolamento (anche un poco di più...)  - la sorella di mio nonno le faceva quasi bruciare...sapore divino! - quindi le si versa con tutto l'olio di frittura sul puré di fave, tenuto fresco (non freddo, ché si perde il sapore...) e si mangia accompagnando il tutto  con crostini di pane abbrustolito e con chicchi di dolcissima uva bianca nostrana. 
E' uno spettacolo!!!! Qualcuno ci mette anche del riso lessato in acqua salata...altra variante.
Certo saprai che i nostri contadini lasciavano apposta un poco di puré per ripassarlo il giorno dopo nella pignata, sul fuoco della cucina economica, dopo avergli aggiunto un pugno di farina, acqua, olio e peperoncino. Nel dialetto del mio paese si chiamava  " 'ndrommese"
Non so da dove arrivi il termine; credo di poter ipotizzare una provenienza araba; o greca... Forse l'esclamazione di piacere di Ercole (ndr: Secondo Aristofane, pare se ne cibasse in grande quantità), un poco rincoglionito dal Primitivo...va' a sapere. :DDDD
 Certo arrivava dalla povertà, della cui dignità s'è purtroppo perso il senso."

Fave scarfate con riso, cipolla e uva

Purè di fave, riso e uva

Che altro posso aggiungere? La ricetta è già stata ben spiegata...
Il mio parere, dopo averla gustata, è che rappresenta un raro esempio di sapori bilanciati alla perfezione, incredibilmente e sorprendentemente buonissima!!!!!
Adoro le ricette di famiglia molto più di tante strampalate novità, strombazzate a destra e a manca come piatti da urlo. E che  grande ricchezza  rappresenta la nostra cucina antica di tradizione... Ne vogliamo parlare? Che bellezza!!! *_* 
Spero che la ricetta di Roberto vi piaccia, tanto quanto è piaciuta a me!

Buonissima giornata a tutti,
Ornella


 EDIT 20/8/2017


 Dopo aver parlato di questa preparazione nel 2011 grazie al mio amico Roberto, altre coferme autorevoli dell'uso di unire l'uva al puré di fave riscaldato sono arrivate da altri cultori del cibo pugliese.  Alcuni parlano di uva bianca, altri di uva nera, meglio se uva da vino. Quello che emerge dai loro ricordi è che certamente questa usanza è molto molto antica. 
Perchè non si perdano le tracce di questi ricordi, riporto fedelmente quanto scritto.

Alla fine dell'estate 2011 durante un week end a Campomarino di Maruggio un mio caro amico mi fece assaggiare un antico piatto della tradizione locale, il purè di fave con uva di primitivo di Manduria. Uno di quei piatti legati al momento della vendemmia e al territorio che prima non conoscevo e che comunque appartiene alla tradizione e a nessun altro. Io ne ho solo lasciato traccia, dopo attenta ricerca, scrivendo un articolo pubblicato su Italia a Tavola nel gennaio 2012
Miki Artifix 1978 tour del Salento in campeggio nautico ....mangiai lo stesso piatto ! noi offrimmo del pesce appena pescato
Vittorio Stagnani I miei ex suoceri di Ceglie Messapica mi parlarono anni fa di questo piatto. Lo preparai mischiando ai chicchi al macco. Eccezionale! Ne scrissi in un mio libro "I racconti della pentola". C'era la consuetudine (racconto di Lino Carparelli) tra i vendemmiatori di mangiare il macco senza olio, ma con chicchi d'uva bianca, raccolti lì per lì dalla vigna. Era questo tutto il pranzo. Serenità!
Cosimo Lombardi Ottimo piatto. 
Quanto all'uva, quando mi è possibile, prediligo quella da vino.
Primitivo o negramaro.

Preferibilmente grappoli spargoli.
Cosimo Lombardi Io la mangio da sempre. 
E prima di me, i miei genitori, nonni ecc.
Ricette di masseria.
Rosa Patrizia Landi Scoop! Prima ho mandato il link a mia sorella e ora mi ha risposto che il marito le ha sempre detto che quando era piccolo a Francavilla mangiavano sempre il purè di fave con l'uva!
Alessandra de Leonardis Ornella ! La conosco bene questa ricetta 💗 e mi ricordo come ieri il piatto con su il bel grappolo d'uva bianca che mio nonno spiluccava per accompagnare le fave scarfate 😍
Silvia Fumarola A Martina si dice fef scafèt... 😊 il riso si aggiungeva per "allungare" se non erano sufficienti per tutti
Ne ho mangiato la versione con l'uva, molto buona, una ventina di anni fa da Lillino del Cibus, a Ceglie Messapica. Ciao Ornee😘
Ornella Mirelli Sono felice di aver stimolato i vostri ricordi!!!!
Gestire
Alessandra de Leonardis e sono i ricordi più belli 💗
Rimuovi
Ornella Mirelli E' per voi che continuo a scrivere sul blog!!!












Con questa ricetta partecipo alla raccolta settimanale di WHB# 305 che in questa settimana viene ospitata da Cindystar.  Haalo è l'organizzatrice in carica, Kalyn è la fondatrice e  Brii è l'organizzatrice Italiana.

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venerdì 22 agosto 2014

Ciambella al cioccolato fondente

Difficile, molto difficile riaccendere i fornelli, se non per un indispensabile caffè, e tornare ad una pseudo normalità, ora che lei non c'è più... Sono giorni che non riesco a pensare a cosa cucinare e dar da mangiare ai miei  Non ce la posso fare... Non ancora... Non ho voglia nè testa per pensarci... Passerà.


ciambellaal cioccolato fondente

Mia madre ha sempre cucinato a occhio, dolci compresi, anche se in verità non erano proprio il suo forte, tranne per quelle tre quattro cosette che preparava da una vita: crostate, torte di ricotta e ciambelle. Da un po' con una grafia incerta, si annotava solo le dosi degli ingredienti perchè, si sa, la memoria ad una certa età può giocare qualche scherzetto. 
E così scartabellando la sua ultima agenda tra appunti e numeri telefonici delle sue mille amiche che le volevano un gran bene, ecco spuntare la ricetta di una ciambella al cioccolato. Provo a farla... il cioccolato è sempre stato la mia medicina dell'anima.
E' semplice e buona; molto molto buona per davvero!

Grazie mamma, grazie per tutto; per l'ennesima lezione di vita, per la tua incredibile forza,  e anche per l'ultima ricetta che mi hai lasciato. 

Ciambella al cioccolato fondente


Ciambella al cioccolato fondente con gelato alla vaniglia
 Ingredienti:
4 uova
200 gr di farina 00 per dolci
100 zucchero
200 gr cioccolato fondente
100 gr di burro
100 gr latte
mezza bustina di lievito per dolci
una noce di burro e una spolverata di cacao amaro per lo stampo

Sciogliere il burro a fuoco dolce e lasciarlo freddare. Sbattere le uova con lo zucchero, aggiungere il cioccolato grattugiato, la farina setacciata con il lievito, il burro e il latte. Lavorare con le fruste elettriche, quindi versare il composto in uno stampo da ciambella, imburrato e spolverato col cacao. Cuocere in forno statico a 180* per circa 40 minuti.
Servire con una pallina di gelato alla vaniglia.

Alla prossima, 

Ornella


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