giovedì 22 ottobre 2015

Torta della nonna|Torta ai pinoli|La crema pasticcera perfetta

Tantissimi anni fa assaggiai questa torta forse in Toscana -non ricordo bene dove di preciso- e me ne innamorai all'istante. Tornata a casa provai più volte a replicarla fino a che, trovate le giuste proporzioni -che ho pesato al grammo solo per voi ;)-, divenne uno dei miei cavalli di battaglia.


Torta della NONNA

L'ho sempre preparata a occhio dunque, senza neppure darmi la pena di cercare una ricetta codificata, giacchè si sa che ogni famiglia ha la sua. In fondo è semplicissima, composta da una sorta frolla atipica (con poco lievito e uova intere), crema pasticcera e pinoli.  Beh, però, si fa presto a dire frolla e pasticcera... Dell'impasto che uso io ho già accennato, ma quale crema scegliere tra le tante varianti per ottenere la ricetta perfetta da pubblicare su Ammodomio?   Per questa Torta serve una crema che abbia una certa consistenza, che si mantenga bella soda e non fuoriesca al primo taglio.


Torta con i pinoli

Diversi anni fa, (nel 2008 se non erro) avevo letto  sul forum de La Cucina italiana (*) che Paola faceva una crema pasticcera veloce veloce, pronta a tempo di record, giusto giusto quello che serve per il riposo in frigo dell'impasto. Ne avevo già parlato anche QUI a proposito della sua Zuppa Inglese. Bene, questa crema pasticcera, con l'unica variante dell'aroma al limone, è proprio l'ideale per un certo tipo di dolci!
 Allora andiamo alla ricetta, raccomandadovi di leggere tutto sino in fondo. E' un dolce semplice è vero, ma se volete provare la mia versione con la crema di Paola, che a mio parere è la ricetta perfetta, eseguite pedissequamente e non fate "ammodovostro"! :D

Torta della nonna|Torta ai pinoli


Torta della NONNA

Ingredienti (per uno stampo svasato da 20 cm di diametro alla base - da 25 cm di diametro  alla circonferenza superiore- profondo almeno 4 cm ctrca):
per l'impasto
350 gr di farina 00 ( ho com-pra-to :) una W140 per dolci del molino Casillo)
125 gr di burro freddo
2 uova intere di grandezza media
125 gr di zucchero superfino vanigliato (Zefiro+ le bacche di vaniglia anche usate, tenuto in un barattolo di vetro)
poca buccia grattugiata di limone
2 cucchiaini di lievito per dolci
un pizzico di sale

per la crema pasticcera (**)
450 ml di latte
3 tuorli d'uovo di grandezza media
6 cucchiai di zucchero
3 cucchiai di Maizena (amido di mais)
poca buccia di limone (intera)

per lo stampo
una nocciola di burro
una spolverata di farina

per decorare
80 gr di pinoli
zucchero a velo

 Per prima cosa setacciare la farina con il lievito e il pizzico di sale, direttamente nel boccale del robot da cucina con le lame in acciaio. Spezzettarvi dentro il burro e mettere in moto la macchina per qualche minuto. A questo punto aggiungere il limone grattugiato e lo zucchero, azionando nuovamente la macchina per qualche secondo. Ora tocca alle uova, uno alla volta. Fare andare il robot fino ad ottenere un impasto omogeneo che si stacchi dalle pareti del boccale. Ci vorrà davvero pochissimo tempo. Ribaltate l'impasto sul piano leggermente infarinato, dividetelo in due -una parte che andrà sul fondo dello stampo deve essere poco più grande dell'altra- e avvolgete i panetti ottenuti nella pellicola. Cercate di appiattirli un po' con le mani, di modo che sia più semplice stenderli e poneteli in frigo giusto il tempo necessario a preparare la crema.


Crema pasticcera

Sbattere i tuorli con tre cucchiai di zucchero senza montarli, incorporarvi poco a poco la maizena senza setacciarla. Aggiungere poco per volta 50 ml di latte FREDDO preso dal totale, mescolando bene fino ad ottenere un composto fluido e  senza grumi. Porre il latte rimanente in un pentolino con i tre cucchiai di zucchero restanti, la buccia di  mezzo limone e portarlo a bollore. Togliere la buccia di limone e fuori dal fuoco versarvi a filo il composto preparato in precedenza, mescolando vigorosamente con una frusta a mano. Rimettere il pentolino sul fornello continuando a mescolare con un cucchiaio di legno o con la frusta, per far addensare la crema e fino al primo bollore. Far raffreddare immediatamente, mettendo la crema in una ciotola, coprendola con pellicola a contatto e immergendo la ciotola in un contenitore con acqua fredda e ghiaccio.
Nel frattempo imburrare e infarinare uno stampo svasato tipo quelli  da pastiera. Stendere tra due fogli di carta forno lievemente infarinati il panetto più grande di impasto e foderare lo stampo. Pareggiare i bordi; riempire la base con la crema pasticcera, quindi ricoprire con l'altro panetto, anch'esso stesso con il matterello ad uno spessore di qualche millimetro. Pizzicare i bordi per chiuderli e coprire tutta la superficie della torta con i pinoli. Fare una leggera pressione con i palmi delle mani sui pinoli per farli aderire all'impasto, quindi infornare  a 200° C (a forno freddo) in modalità statica. Dopo circa 30- 35 minuti la superficie della torta avrà preso un bel colore dorato. Terminate la cottura ponendo il tegame per 5 minuti sul fondo del forno caldo. Lasciate intiepidire la torta, quindi spolveratela di zucchero a velo e ribaltatela  a testa in giù su un piatto. Lasciatela raffreddare prima di rivoltarla sul piatto da portata.


appena sfornata


Tenuta sotto una campana di un portatorte si conserva benissimo per almeno 3 giorni. Di più non saprei, visto che a casa mia non è mai avanzata per più tempo. ^_^


Zucchro a velo


(*) Il forum de La Cucina Italiana non è più consultabile, ma la crema pasticcera di Paola è pubblicata anche sul suo librio Dolci (e) storie di Maremma
Cosa ha di particolare? E' davvero rapidissima, semplice e di sicura riuscita anche per i meno esperti. Paola mi raccontò di aver provato ad applicare alle sue dosi di crema pasticcera, un procedimento diverso dal solito che aveva letto su un numero del secolo scorso di una rivista americana (Gourmet)- Proprio questa procedura un po' fuori dal comune era indicata per la base di un caramel pudding. 


(**) Sapeste in quanti l'hanno replicata, more solito, senza neppure un cenno all'autrice...  Non basta infatti sostituire i grammi ai cucchiai, oppure aggiungere un tuorlo e 50 ml di latte o sostituire lo zucchero semolato con quello a velo... La ricetta sempre quella è: la crema di Paola "orecchiata" sul forum de La Cucina Italiana! Sgamati!:D
Detto questo, solo per non fare la parte delle fesse :D :D :D, ci preme sottolineare il caso ridicolo di chi, per mostrare di aver inventato  o messo a punto una ricetta originale, ma non avendola forse mai preparata per davvero (altrimenti avrebbe saputo che certi passaggi sono  assolutamente sconsigliabili), dà ai suoi lettori indicazioni sbagliate tali da trasformare una buona ricetta in un flop assicurato. Quanto abbiamo riso quando ci è capitato di leggere tante fesserie tutte insieme... :D :D :D
Tralasciando le polemiche "sull'onestà intellettuale" di certi fuufblogger  che  non ci interessano più di tanto (da queste pagine non critichiamo le persone ma le ricette), vogliamo, Paola ed io,  darvi i consigli giusti per non  buttar via gli ingredienti  e  non  crearvi frustrazioni inutili.
Allora, al di là delle dosi - grammo più, grammo meno in questo caso non fanno la differenza- vi indichiamo  in breve i 4 punti essenziali da non tralasciare anche se doveste cambiare le dosi:

  1.  MAI mescolare la Maizena con un liquido caldo, peggio ancora se bollente.
  2.  Diluire il composto di uova, zucchero e Maizena con un poco di latte FREDDO, prima di versarlo a filo nel latte caldo e non assolutamente al contrario. In quest'ultimo caso alla prima goccia di latte bollente, il mappazzone è assicurato!
  3. Zucchero semolato o zucchero a velo? Lo zucchero a velo industriale contiene amidi aggiunti per cui è perfettamente inutile se non addirittura dannoso per il buon esito della ricetta. Siccome il composto di uova-zucchero-maizena non deve essere eccessivamente "corposo", altrimenti non si stempererebbe a sufficienza, basterà dividere lo zucchero semolato, metà nelle uova e metà nel latte. Lo zucchero a velo messo tutto insieme nelle uova non farebbe altro che aumentare la densità:inutile, anzi sbagliato!
  4.  Una volta pronta la crema e messa a raffreddare, come indicato, in ghiaccio, NON mescolarla MAI. Si disgregherebbe irrimediabilmente, poichè si separerebbe la parte liquida da quella solida. Sarebbe una vera porcheria! :D Basta un po' di pellicola a contatto o una nocciolina di burro sulla superficie per evitare l'antiestetica pellicina.


Bene, mi pare di avervi detto tutto. A presto,



Ornella

Testi ed immagini sono protetti dalla legge sul diritto d'autore n. 633/1941 e successive modifiche. Copyright 2009-2015© Ornella Ammodomio - All Rights 


venerdì 7 agosto 2015

Friselle con farina di orzo

 Si sa che la Frisella è la regina delle estati pugliesi... La classica salentina, quella di tradizione,  la più saporita, è fatta con la farina di orzo variamente tagliata.
 E siccome una volta per tradizione ogni famiglia aveva la sua ricetta segreta, ho elaborato la mia, fatta "ammodomio". Non sarà la ricetta tradizionale al 100%, ma vi assicuro che, modestia a parte, dà un risultato fantastico.
Andiamo velocemente alla ricetta? Fa troppo caldo per dilungarci in chiacchiere...

Friselle con farina di orzo
FRISELLE

250 gr di farina di orzo 
250 gr di farina di forza, maggiore di  W 300; oppure una farina dall'alto valore proteico
350 gr (circa)* di acqua
3 gr di lievito di birra fresco (in estate è più che sufficiente) 5-6 gr di inverno
1 cucchiaino di malto
1 cucchiaio di olio extravergine *
1 cucchiaino di zucchero
2  cucchiaini di sale fino
poca farina 00 per lo spolvero

* La quantità di acqua varia notevolmente a seconda del tipo di farina. Quindi dovrete regolarvi un po' a occhio per ottenere un impasto della consistenza giusta.

* L'aggiunta di olio extravergine serve per dare sapore ed elasticità all'impasto. Non è previsto dalla tradizione.

Mescolare e setacciare le due farine insieme al malto e metterle nella ciotola dell'impastatrice. Fare un buco al centro e sbiciolarvi il lievito. Aggiungere lo zucchero, circa mezzo bicchiere di acqua tiepida preso dal totale e mescolare con un cucchiaio, incorporando un po' di farina. Coprire il pastello con altra farina e lasciare attivare il lievito per circa 30 minuti. A questo punto mettere il sale lungo i bordi della ciotola e cominciare a lavorare l'impasto con la frusta a K a bassa velocità. Man mano inserire l'acqua e da ultimo l'olio a filo. Aumentare gradatamente la velocità della macchia sino ad ottenere un impasto liscio, omogeneo ed elastico.


Passo passo

Ribaltare la massa sulla spianatoia infarinata; tirare i lembi verso il centro per farne una palla; ribaltarla con la chiusura in sotto ed arrotondarla. Porre l'impasto in una ciotola; praticare il classico taglio a croce e farlo lievitare fino al raddoppio, in forno spento.
Trascorso il tempo necessario, ribaltare l'impasto sulla spianatoia e tagliarlo in tanti pezzi più o meno regolari. Schiacciare delicatamente ogni pezzo col palmo della mano, quindi chiuderlo su sé stesso dal lato lungo e allungarlo, rotolandolo sulla spianatoia. A questo punto chiudere via via tutti i filoncini a  mo' di taralli e porli a lievitare, distanti tra loro, per circa 30 minuti sulle teglie rivestite da carta forno, coperti da un canovaccio o da carta fata.
 Accendere il forno in modalità statica a 200°C, infornare per circa 20-25 minuti in forno già caldo.
Ora bisogna procedere al taglio... 
(Preferisco farlo senza far raffreddare troppo le ciambelle per ottenere una superficie irregolare. Più le friselle risulteranno ruvide, migliore sarà la capacità di trattenere il condimento).
Praticare su ciascun tarallo un piccolo taglio in orizzontale per facilitare la divisione in due metà.  Con l'aiuto di  un pezzo di spago da cucina tenuto teso tra le due mani, tagliare i taralli in orizzontale per ottenere le friselle.
Ora bisogna metterle a biscottare in forno a circa 100°C-120°C fino a doratura.
Con queste dosi ne vengono 2 teglie colme. Si conservano benissimo in scatole di latta o in sacchetti di carta o di plastica per alimenti microforata.


FRISE

Piesse: Per il condimento leggete qui.
  
Si è fatto tardi... Alla prossima,

Ornella


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venerdì 5 giugno 2015

Cozze alla puépp(e)tedd

Leggevo in un'intervista ad Anna Prandoni <3, direttrice di fresca nomina della prestigiosa Accademia Gualtieri Marchesi, che  oggi come oggi, bisognerebbe porre l'accento sul fatto che il cibo è cultura, nel senso più alto del termine. Come darle torto?
Prima di pubblicare le Cozze alla puèpp(e)tedd ho studiato tanto... ^_^

Cozze

Mi sono imbattuta in scritti di altissimo livello accademico sulle lingue dialettali, l'origine e l'evoluzione di certe parole. Ho scoperto addirittura  una diatriba  sul fatto che il dialetto tarantino, diverso per molti aspetti dagli altri pugliesi, possa o non, essere classificato nella grande categoria dei dialetti salentini. Libri, studi, ricerche anche di università straniere... chi se l'immaginava? O.o
Vabbè... ma questo che c'entra con le cozze? Be' con le cozze in sè nulla, ma con il termine puépp(e)tedd o meglio puèpp(e)t, sì.
Da dove deriverebbe, quindi? Sarebbe l'evoluzione di un vocabolo dialettale salentino/brindisino (Poppito/i) a sua volta originato dall'espressione latina post oppidum (trad. lett.: dopo la citta, in contrapposizione a pre oppidum- prima della città) per indicare  gli abitanti delle campagne o dei paesi limitrofi.
Successivamente si diffuse dovunque in Puglia, inteso nell'accezione dispregiativa di zotico, rozzo, cafone, campagnolo. In dialetto tarantino - in cui in alcuni casi la vocale o si trasforma in - da poppito/i è diventato  puépp(e)t
Chi erano dunque l(i) puépp(e)t? Spesso venivano chiamati così i braccianti agricoli che arrivavano nelle masserie durante il raccolto e si cibavano di friselle, uva, pomodori e di tutto quello che offriva la terra a seconda della stagione. Difficile ipotizzare che, stanchi morti dopo un giornata nei campi, arrivassero fino al mare a comprare le cozze. Più facile pensare che il termine puépp(e)tedd fosse riferito ad un modo di cucinare le cozze non consueto in città, un po' rozzo, cafone, greve, come l(i) puépp(e)t. :D
E torniamo a bomba... Quando una ricetta di casa nostra può dirsi oggi a pieno titolo, una ricetta di tradizione? Secondo me, soltanto se un gran numero di abitanti in uno stesso territorio la prepara secondo alcune caratteristiche comuni, o almeno se ne trova traccia nella loro memoria, ovvero in qualche libro di cucina. In caso contrario, se si distacca per ingredienti o modalità di cottura dalle caratteristiche comuni (fatte salve le piccole varianti di famiglia che non stravolgano le basi), sarà esclusivamente la ricetta di casa nostra, della nostra famiglia, di nostra mamma, di nostra suocera, della nonna o della zia, della sorella o della cognata... 
Vi pare sensato? Dare per scontato che la nostra sia l'unica e la sola di tradizione o addirittura spingersi a definirla antica, ma poi caduta in disuso ( come per il Mandorlaccio   che è un tipico esempio di storia inventata :D), senza uno straccio di fonte scritta o di testimonianza orale,  se non la nostra unica e sola, mi pare un po' azzardato. Oltre tutto, secondo me, si rende un pessimo servizio alla cucina di tradizione, dando per scontate notizie poco attentibili, frutto delle nostre ipotesi fantasiose.  
Insomma, da queste pagine l'abbiamo detto tante volte, diffondendo nel web palesi sciocchezze o nostre elucubrazioni, sia pure verosimili,  si fa un'informazione gastronomica scorretta e di dubbia qualità.
E veniamo alla ricetta...
Luigi Sada, medico tarantino trapiantato a Bari, grande cantore della cucina pugliese, chiama queste cozze "all' uso tarantino" o "alla peppetedda". Oltre alla u mancante (forse un refuso di stampa o forse no), l'unica differenza con la ricetta di casa mia - comune alla totalità dei tarantini veraci che conosco ed ho conosciuto nell'arco della mia vita -  è che il Sada menziona l'alloro al posto del prezzemolo.


 Cozze alla puèpp(e)ttedd


Cozze



1 kg di cozze nere

6-8 piccoli pomodori rossi oppure qualche filetto di pomodoro pelato
1 spicchio di aglio
1 peperoncino piccante (*)
4 cucchiai di olio extravergine
prezzemolo q.b.


(*) Su cozze, crostacei, molluschi e pesce, io preferisco un po' di pepe che trovo profumato, ma più delicato. Questione di gusto personale. Tuttavia, in questa ricetta un po' rozza e "cafona", il peperocino ci sta tutto. ^_^ Quindi se vi piace non omettetelo.



Lavare le cozze, strofinandole bene con una paglietta di acciaio (nuova) per togliere tutte le concrezioni, quindi tirare il bisso.

In una capace casseruola a due manici (no padella) mettere l'olio, l'aglio, i pomodorini spaccati a metà o pochi filetti di pelati, il peperoncino, le cozze. Accendere il fornello quasi al massimo della potenza, coprire la pentola con suo coperchio e impugnare i due manici.  Basteranno non più di 5 minuti a fuoco vivo, scuotendo energicamente la pentola dal basso verso l'alto, per far aprire tutte le cozze. Aggiungere il prezzemolo spezzetato a mano, mettere in una zuppiera e portare in tavola. Le cozze alla puépp(e)tedd sono ottime anche tiepide o a temperatura ambiente.


Alla prossima,

Ornella



Piesse:  A proposito di Poppiti, vi lascio una piccola curiosità che ho trovato spulciando libri e rete.. Lo sapevate che i tedeschi chiamano Poppiti i politici italiani? In alcune zone  della Germania addirittura il termine identificherebbe tutti gli italiani!!! Si provasse la Merkel a dirlo in Puglia...  :D :D :D Ma sarà vero??? Boh???

Devo assolutamente ricordarmi di chiederlo a una di loro!


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giovedì 20 novembre 2014

Spaghetti all'Assassina

Che la minestra scarfata" (scaldata) sia sempre la migliore, come ho già detto a proposito delle fave, non è un segreto per nessuno, ma l'Assassina è un'altra cosa... Non è una pasta avanzata e scaldata, è una filosofia di vita! ;)
Essì, forse nasce come piatto del Martedi*, di recupero del ragù della domenica, ma non della pasta. O forse più semplicemente la sua origine è frutto dell'abilità  di creare un piatto straordinario con quei pochi ingredienti che in dispensa non mancano mai, tipica delle massaie e dei ristoratori baresi... Un piatto di pasta, caldo, anzi "fumante",croccante e piccante, da preparare veloce veloce  per placare l'appetito di famiglie numerose o di avventori affanati. Chissà, vai a sape'... 
Sta di fatto che gli Spaghetti all'Assassina a Bari sono un must in tutti i ristoranti della città, tanto da  aver dato vita ad un'Accademia e a una Controaccademia (dei membri  non di sesso maschile ^_^). Entrambe molto attive, composte da giudici attenti e esigentissimi,  sono in breve tempo diventate croce e delizia dei ristoratori locali. :D
Vabbè, non mi voglio dilungare, preferisco parlare della  ricetta e della mia tecnica per ottenere un buon piatto.
La ricetta ufficiale dell' Accademia prevede una sorta pasta risottata, con spaghetti spezzati in due, se non si possiede una padella di ferro delle dimensioni adatte. Però il mio cuore terrone all'idea dello spaghetto spezzato e risottato sanguina :( e quindi, chiedendo umilmente perdono agli accademici ;), procedo diversamente.
 Per le dosi non si può che andare a occhio... Dipenderanno dalla fame dei vostri commensali e dalla vostra abilità culinaria nel gestire in padella grandi quantità di pasta. 
 A casa mia  calcolo grosso modo 80-100 gr di spaghetti a commensale e circa 400 ml di sugo di pomodoro, già cotto e ristretto.
Sembra un piatto semplicissimo, ma vi assicuro che così  non è.

* Una volta il menu settimanale era fisso. Se non ricordo male prevedeva: ragù la domenica, sabato e  lunedì brodo, mercoledì legumi, venerdì pesce, martedì e giovedì un piatto a base di sugo di pomodoro.

Spaghetti all'Assassina

Spaghetti all'ASSASSINA

Ingredienti:
Spaghetti
sugo di pomodoro già cotto e ristretto (meglio se ragù alla barese) Assolutamente no  al ragù secondo l'Accademia. Mi sono presa la giusta dose di bacchettate. ;) 
poco olio extravergine
1 spicchio di aglio
peperoncino a gusto personale (il piatto è comunque piccante)

Calare la quantità di spaghetti desiderata in abbondate acqua leggermente salata, e attendere pochi minuti affinchè si ammorbidiscano, quindi scolarli bene con una pinza, tenendo da parte, al caldo, l'acqua di cottura;  condirli subito con  mestolo di sugo e mescolarli.
 Nel frattempoin una larga padella di ferro avrete già fatto scaldare a fuoco vivo l'olio con l'aglio e il peperoncino. . A doratura togliete lo spicchio di aglio, il peperoncino e mettete in padella gli spaghetti già  pazialmente conditi. A questo punto comincia la fase delicata... 
Allargate al centro gli spaghetti usando una spatola di legno. Nel vuoto creatosi ponete ora un mestolo di sugo  diluendolo contemporaneamente con poca acqua di cottura della pasta, e, senza mescolare, ma con un movimento circolare dai bordi della padella, spingete la pasta  verso il centro. Allargate di nuovo al centro, aggiungete il sugo e ripetete velocemente la stessa operazione. La pasta va toccata il meno possibile perché deve assorbire il condimento cuocendosi a fuoco vivace. Non va saltata né rimestata, ma quasi accarezzata in senso circolare con la spatola di legno. Quando, a occhio, vi sembrerà quasi a cottura ultimata. - se non ne siete certi assaggiatela -, aggiungete un mestolino di sugo non diluito, alzate la fiamma al massimo e lasciate abbrustolire per qualche minuto senza mescolare oltre, quindi portate in tavola, e servite subito.

Buona giornata a tutti,

Ornella


Edit: Questa ricetta è stata pubblicata nel 2015 nel libro di Gabriella Genisi "Spaghetti all'Assassina", edito da Sonzogno nel 2015. Felice io.. ^_^
Edit : la vera storia di questa ricetta la trovate su Ora Viaggiando a questi link "Spaghetti all'assassina: la vera storia, la ricetta, le testimonianze e i falsi miti | Oraviaggiando" https://blog.oraviaggiando.it/spaghetti-allassassina-la-vera-storia-la-ricetta-le-testimonianze-e-i-falsi-miti/
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lunedì 17 novembre 2014

Cake infiniment au chocolat et fleur de sel di P.Hermé

Un altro dolce al cioccolato? O.o
Stavolta la colpa è della solita Fabiola ;) che, assaggiato il cake infiniment, non vedeva l'ora di rifarlo a casa sua. Ma la ricetta di Hermé dove la troviamo? Ecco, diciamolo subito: la ricetta nell'ultimo libro del famoso pasticcere  francese non c'è! :( 
L'unica fonte accreditata che avrebbe potuto aiutarci è lei. E infatti proprio a lei mi sono rivolta... ^_^ Nel giro di 5 minuti mi ha inviato la ricetta! Che l'abbia avuta dalle mani di Pierre Hermé in persona? ;) Chi può dirlo? Magica Pin!!!
A questo punto, venuta in possesso del tesoro, potevo limitarmi a passare la ricetta titolata a Fabiola sic et simpliciter? Giammai! :D 
L'ho condivisa immediatamente con Paola e Ilaria e ci siamo messe subito a lavoro. ^_^ La ricetta è semplicissima, davvero alla portata di chiunque; il risultato è un cake  infinitamente cioccolatoso, davvero eccellente. Quindi vi invito a provarla senza indugiare. Sentitammééééééé... ;)

Cake infiniment au chocolat et fleur de sel 
di P.Hermé

CAKE infiniment P- Hermè

Ingredienti per 2 stampi da plumcake da 20 cm x 9 oppure 4 da 10 cm x 4,5 cm 

Pate à cake
210 g di burro
210 g di zucchero
170 g di farina type 55*
45 g di cacao
4 grosse uova* (le mie erano medie)
5 g di lievito per dolci
90 g di cubetti di cioccolato al fior di sale

Cioccolato al fior di sale
120 g di cioccolato al 67% ( il migliore che avete in dispensa)
 5 g di fior di sale (ho usato sale di Cervia)

 Glassa al cioccolato*

Sciogliere il cioccolato con il sale; stendere ad un'altezza di 1 cm; far solidificare e poi tagliare cubetti di 1x1 cm (se lo mettete in uno stampino usa e getta da 10 cm di lughezza verrà perfetto).
Setacciare la farina insieme al lievito e al cacao. Lavorare il burro in pomata nella ciotola del robot, aggiungere lo zucchero e mixare per 5 minuti, incorporando le uova uno alla volta. Togliere dal robot e mescolare le polveri setacciate in precedenza con la spatola, a mano. Infine aggiungere i cubetti di cioccolato. Infornare a 180° fino a cottura. Fare la prova stecchino.


Cake au cholate et fleur de sel

Questa è la base del cake, che è una 4/4 in piena regola. Il mio consiglio è quindi di *pesare prima le uova (sgusciate :D) e poi procedere con uguale peso degli altri ingredienti, avendo l'accortezza di sommare il cacao alla farina.

*La farina indicata nella ricetta è di un tipo meno debole della nostra 00. Ho perciò aggiunto un cucchiaio di W400.

*Per la glassa al cioccolato ho usato questa.
Se non siete abili e non volete rischiare, procuratevi al supermercato una buona glassa al cioccolato già pronta. Mounsier Hermé ci perdonerà? Fabiola no di sicuro! ^_^


Cake au cholate et fleur de sel

L'ho decorato con un grappolino di ribes e due foglioline di menta. A mio parere l'abbinamento è azzeccato.
E ora la palla passa a Paola...

Letta la ricetta mi è venuta subito voglia di provarla, complice anche il fatto che la sera prima (tu guarda alle volte il caso...) avevo preso dei cioccolatini fondenti al fior di sale della Venchi... In programma però avevo una torta di ricotta e allora ho pensato di unire le due cose :D :D 



Ve la ricordate la torta di ricotta maremmana??? Basta sostituire la base con la ricetta di Hermé, per ottenere un dolce meraviglioso.

Cake infiniment au chocolat con ricotta


Mezza dose di impasto per cake infiniment au chocolat
350 g di ricotta
1 uovo
200 g di zucchero
vaniglia
poca marmellata di lamponi/amarene 

Preparare, come da ricetta, la base del dolce e stenderla in una teglia ben imburrata con uno spessore di circa 1,5 cm. Io ho usato una teglia rettangolare da plumcake, ma va bene anche una rotonda...
Montare la ricotta con lo zucchero ed unire poi l'uovo e la vaniglia: il composto deve avere più o meno la stessa densità dell'impasto di base. Stenderlo sopra l'impasto al cioccolato e lisciare la superficie. Versare qua e là piccole porzioni di marmellata con il cucchiaino. 
Infornare a 180°C per circa 35-40 minuti. 
Servire la torta tiepida spolverizzata di zucchero a velo.

Avendo io preparato la dose intera di impasto, con l'altra metà ho preparato dei mini cake che ho glassato con cioccolato fondente (reso un pochino più fluido con l'aggiunta di Mycrio) e decorato con piccole violette candite. Semplicissimi, ma perfetti per un tè elegante.



Ed ora non vi resta che fare un salto da Ilaria per vedere la sua versione... Cosa aspettate?


Buona giornata,

Ornella e Paola


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