venerdì 12 giugno 2015

Spumone

Oramai siamo in piena estate e un dessert bello fresco ci sta tutto. Perciò oggi vi propongo lo Spumone, la cui ricetta base, mia madre la ebbe da un cuoco di Salsomaggiore, verso la metà degli anni '50. 

SPUMONE

Quando le ricette sono buone, il tempo che passa non le sfiora... ;)
Una volta senza tutte le attrezzature di cucina che abbiamo oggi, sembrava una ricetta piuttosto lunga e complicata... 
Ci pensate che si montava la panna a mano, con le fruste a manovella, in una ciotola di alluminio immersa in un contenitore di legno colmo di ghiaccio? Le mandorle andavamo pestate nel mortaio dopo averle schiacciate, spellate e tostate in forno a legna...  
Per anni lo Spumone di Peppino Carniti, il cuoco di Salsomaggiore, è rimasto  su un foglietto volante in un libro di cucina di mia madre,  fino a che non è arrivato in casa nostra uno dei primi sbattitori elettrici. Credo nei primissimi anni'60... Fu la svolta!  :D 
Oggi, con un comunissimo robot da cucina, è veramente semplice replicarlo. 
Vabbè... bando ai ricordi!
Alla ricetta originale, che Carniti serviva con una salsa calda al cioccolato (da sballo), ho aggiunto un cuore di pasta di pistacchio, ma devo ammettere che anche senza assolutamente nulla di più che gli ingredienti base, il semifreddo è davvero buonissimo. Anzi, essendo bilanciato alla perfezione, non rischierò di diventare stucchevole. Insomma, per dirla tutta, a casa mia piace di più con i soli ingredienti base. Ecco!
 Se non vi fidate del mio gusto e delle mie capacità culinarie, sappiate che l'ha approvato a pieni voti anche Paola! Che aspettate a farlo? ;)
Procuratevi, se non ce li avete già, gli stampi a semisfera come questi e il gioco è fatto. 

Spumone


SPUMONE


Ingredienti(per circa 10 semisfere di grandezza media):
 300 gr di panna da montare
3 tuorli d'uovo di grandezza media
90 gr di latte
75 gr di zucchero
1 stecca di vaniglia
1 cucchiaio di marsala (facoltativo)
granella di mandorle tostate a piacere
qualche cucchiaino di pasta di pistacchio (facoltativo)

Prima di cominciare la preparazione vera e propria, mettere  in freezer gli stampi di silicone. Servirà a renderli più rigidi e stabili. ;)
Per prima cosa tostare le mandorle con il metodo che trovate  qui e ricavarne la granella (non troppo fine), tritandole nel robot con le lame. Si possono usare anche  mandorle non pelate, dipende dai gusti. 
Scaldare il latte a fuoco basso con la stecca di vaniglia aperta a metà, quindi toglierla, filtrare il latte con un colino e sciogliervi tutto lo zucchero. Portare a bollore e lasciar intiepidire bene. 
A questo punto, sbattere i tuorli senza montarli e mescolarli al latte zuccherato. Mettere il composto in un pentolino sul fornello a fuoco  basso, mescolando con un cucchiaio di legno fino a che  non si otterrà la consistenza di una crema inglese (deve cioè, velare il cucchiaio, senza mai bollire!). Lasciar raffreddare la crema prima di aggiungere il cucchiaio di marsala. Nel frattempo, con le fruste elettriche montare la panna e mescolarla a poco a poco alla crema, a mano o con le fruste  elettriche alla velocità minima, per pochi secondi.
Versare il composto negli stampi e mettere in freezer. Appena si sarà leggermente solidificato, si potrà aggiungere, volendo, un cucchiaino di pasta di pistacchio, scavando un pochino al centro.
 Coprire gli stampi con carta fata e rimettere in freezer.


SPUMONE

Prima di servire gli Spumoni, sformarli subito nei singoli piatti e tenerli per una decina di minuti a temperatura ambiente. Leggermente sciolti sono più buoni!!!


Buon fine settimana,

Ornella


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venerdì 5 giugno 2015

Cozze alla puépp(e)tedd

Leggevo in un'intervista ad Anna Prandoni <3, direttrice di fresca nomina della prestigiosa Accademia Gualtieri Marchesi, che  oggi come oggi, bisognerebbe porre l'accento sul fatto che il cibo è cultura, nel senso più alto del termine. Come darle torto?
Prima di pubblicare le Cozze alla puèpp(e)tedd ho studiato tanto... ^_^

Cozze

Mi sono imbattuta in scritti di altissimo livello accademico sulle lingue dialettali, l'origine e l'evoluzione di certe parole. Ho scoperto addirittura  una diatriba  sul fatto che il dialetto tarantino, diverso per molti aspetti dagli altri pugliesi, possa o non, essere classificato nella grande categoria dei dialetti salentini. Libri, studi, ricerche anche di università straniere... chi se l'immaginava? O.o
Vabbè... ma questo che c'entra con le cozze? Be' con le cozze in sè nulla, ma con il termine puépp(e)tedd o meglio puèpp(e)t, sì.
Da dove deriverebbe, quindi? Sarebbe l'evoluzione di un vocabolo dialettale salentino/brindisino (Poppito/i) a sua volta originato dall'espressione latina post oppidum (trad. lett.: dopo la citta, in contrapposizione a pre oppidum- prima della città) per indicare  gli abitanti delle campagne o dei paesi limitrofi.
Successivamente si diffuse dovunque in Puglia, inteso nell'accezione dispregiativa di zotico, rozzo, cafone, campagnolo. In dialetto tarantino - in cui in alcuni casi la vocale o si trasforma in - da poppito/i è diventato  puépp(e)t
Chi erano dunque l(i) puépp(e)t? Spesso venivano chiamati così i braccianti agricoli che arrivavano nelle masserie durante il raccolto e si cibavano di friselle, uva, pomodori e di tutto quello che offriva la terra a seconda della stagione. Difficile ipotizzare che, stanchi morti dopo un giornata nei campi, arrivassero fino al mare a comprare le cozze. Più facile pensare che il termine puépp(e)tedd fosse riferito ad un modo di cucinare le cozze non consueto in città, un po' rozzo, cafone, greve, come l(i) puépp(e)t. :D
E torniamo a bomba... Quando una ricetta di casa nostra può dirsi oggi a pieno titolo, una ricetta di tradizione? Secondo me, soltanto se un gran numero di abitanti in uno stesso territorio la prepara secondo alcune caratteristiche comuni, o almeno se ne trova traccia nella loro memoria, ovvero in qualche libro di cucina. In caso contrario, se si distacca per ingredienti o modalità di cottura dalle caratteristiche comuni (fatte salve le piccole varianti di famiglia che non stravolgano le basi), sarà esclusivamente la ricetta di casa nostra, della nostra famiglia, di nostra mamma, di nostra suocera, della nonna o della zia, della sorella o della cognata... 
Vi pare sensato? Dare per scontato che la nostra sia l'unica e la sola di tradizione o addirittura spingersi a definirla antica, ma poi caduta in disuso ( come per il Mandorlaccio   che è un tipico esempio di storia inventata :D), senza uno straccio di fonte scritta o di testimonianza orale,  se non la nostra unica e sola, mi pare un po' azzardato. Oltre tutto, secondo me, si rende un pessimo servizio alla cucina di tradizione, dando per scontate notizie poco attentibili, frutto delle nostre ipotesi fantasiose.  
Insomma, da queste pagine l'abbiamo detto tante volte, diffondendo nel web palesi sciocchezze o nostre elucubrazioni, sia pure verosimili,  si fa un'informazione gastronomica scorretta e di dubbia qualità.
E veniamo alla ricetta...
Luigi Sada, medico tarantino trapiantato a Bari, grande cantore della cucina pugliese, chiama queste cozze "all' uso tarantino" o "alla peppetedda". Oltre alla u mancante (forse un refuso di stampa o forse no), l'unica differenza con la ricetta di casa mia - comune alla totalità dei tarantini veraci che conosco ed ho conosciuto nell'arco della mia vita -  è che il Sada menziona l'alloro al posto del prezzemolo.


 Cozze alla puèpp(e)ttedd


Cozze



1 kg di cozze nere

6-8 piccoli pomodori rossi oppure qualche filetto di pomodoro pelato
1 spicchio di aglio
1 peperoncino piccante (*)
4 cucchiai di olio extravergine
prezzemolo q.b.


(*) Su cozze, crostacei, molluschi e pesce, io preferisco un po' di pepe che trovo profumato, ma più delicato. Questione di gusto personale. Tuttavia, in questa ricetta un po' rozza e "cafona", il peperocino ci sta tutto. ^_^ Quindi se vi piace non omettetelo.



Lavare le cozze, strofinandole bene con una paglietta di acciaio (nuova) per togliere tutte le concrezioni, quindi tirare il bisso.

In una capace casseruola a due manici (no padella) mettere l'olio, l'aglio, i pomodorini spaccati a metà o pochi filetti di pelati, il peperoncino, le cozze. Accendere il fornello quasi al massimo della potenza, coprire la pentola con suo coperchio e impugnare i due manici.  Basteranno non più di 5 minuti a fuoco vivo, scuotendo energicamente la pentola dal basso verso l'alto, per far aprire tutte le cozze. Aggiungere il prezzemolo spezzetato a mano, mettere in una zuppiera e portare in tavola. Le cozze alla puépp(e)tedd sono ottime anche tiepide o a temperatura ambiente.


Alla prossima,

Ornella



Piesse:  A proposito di Poppiti, vi lascio una piccola curiosità che ho trovato spulciando libri e rete.. Lo sapevate che i tedeschi chiamano Poppiti i politici italiani? In alcune zone  della Germania addirittura il termine identificherebbe tutti gli italiani!!! Si provasse la Merkel a dirlo in Puglia...  :D :D :D Ma sarà vero??? Boh???

Devo assolutamente ricordarmi di chiederlo a una di loro!


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