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mercoledì 25 ottobre 2017

Polpette di pane|Variazioni sul tema|La ricetta perfetta

Spesso traggo spunto da ciò che ci accade in rete per fare qualche riflessione sul nostro lavoro, sui lettori e su quello che in realtà cercano in un blog.
 Il tema tra i blogger di food è abbastanza caldo per via del successo inspiegabile in termini di numeri  di accesso o di fan -a volte farlocchi- di siti o blog che pubblicano contenuti alquanto discutibili.


 Le aziende (e le loro agenzie) si fanno abbagliare da cifre a più zeri, convinte che questi blog/siti abbiano una buona reputazione e dunque possano influenzare i loro lettori negli acquisti di ingredienti o carabattole varie per la cucina. Offrono perciò lavoro, a volte retribuito in danaro, altre in cambio merce, a veri e propri spacciatori di ricette perfette per modo di dire. Sorvolo sul fatto che truccare i numeri*(anche acquistando follower, commenti  e like) potrebbe configurare un vero e proprio reato di truffa, ma  voglio soffermarmi, invece, sulla ragione per la quale la scarsa qualità dei contenuti proposti attiri tanti consensi. 
Tralasciando anche la pratica ormai consolidata dei copia/incolla selvaggi o delle furbesche modifiche di una piccola percentuale di uno o più ingredienti, ovvero della vera e propria truffa  perpetrata a danno dei lettori con torte, focacce, croissant ecc. comprati e fotografati, le cui ricette non daranno mai il risultato delle foto, mi sono domandata cosa  in realtà cerca il lettore medio in un blog di cucina.
Io per prima, se cerco una ricetta in rete, vorrei che mi riuscisse bene al primo colpo senza tanti sbatti da psicopatica. Epperò non sempre è possibile, anzi diciamolo chiaro quasi mai, perché la cucina ha mille variabili che vanno dall'abilità del cuoco fino addirittura alle condizioni climatiche. Ci avete mai pensato? Allora quando leggo nel titolo "La ricetta perfetta di questo o quell'altro..." drizzo le antenne. ^_^
E perché, direte voi? Non è forse proprio la ricetta perfetta che stavi cercando?
E no no, cari miei, dipende...
Innanzitutto ricetta perfetta per chi e per cosa? Indubbiamente per chi scrive perchè, magari dopo mille tentativi, ha finalmente trovato quella ricetta che soddisfa il suo gusto o gli evoca la migliore mai mangiata. E poi perché è ben spiegata, facile da realizzare, che può - e sottolineo può- venir bene a chiunque al primo colpo. Anche qui da noi su Ammodomio troverete ricette perfette, secondo noi, che hanno avuto un gran numero di consensi da chi le ha provate e trovate ottime. 
Può esistere però una ricetta perfetta di pasta frolla, di pasta choux, di impasto per focacce, di pan di Spagna, di besciamella ecc ecc...? Che intendiamo per perfetta se  parliamo di una ricetta di base? **
Che sia ben bilanciata, che utilizzi ingredienti canonici secondo i sacri testi e  che sia la migliore per l'utilizzo che ne vogliamo fare. Ecco il punto fondamentale! Se vogliamo preparare una crostata, dei biscotti, dei pasticcini da tè, oppure un Paris-Brest o dei semplici bignè, dovremo usare combinazioni di pasta frolla o di pasta bignè, con percentuali differenti degli stessi ingredienti ed anche, in alcuni casi, con tecniche diverse. Da qui non si scappa. 
Dunque, siccome non stiamo nella vostra testa e non possiamo immaginare quello che voi intendete per ricetta perfetta, vi possiamo raccontare quello che abbiamo appreso in anni di esperimenti e approfondimenti su  come modificare le dosi degli ingredienti oppure il procedimento, per ottenere quello che vi pare.  Insomma, non dico con presunzione che vi insegniamo a pescare, ma come mettere l'amo, l'esca e tenere la canna da pesca, se desiderate che il pesce abbocchi. ;)  Oppure vi aspettate che veniamo a casa vostra a cucinare ciò che piace a voi e a lavarvi pure le pentole? :D :D :D




Lo dico perché a Paola ieri è capitato di essere apostrofata in malo modo da una signora che su FB chiedeva la ricetta perfetta della pasta frolla (forse quella di sua nonna che era nella sua testa, vaiasape'). La infastidiva leggere il post dedicato: troppo complicato a suo dire,"frutLto dei soliti copia/incolla" (a noi, mo'!!!!) e peggio ancora zeppo di "lezioncine teorizzanti".... 
Naturalmente ne abbiamo riso fino alle lacrime! :D :D :D
Ecco che mi si è accesa la lampadina: il successo megalattico di certi blog|siti|trasmissioni televisive di cucina è dato dal fatto che la gente non vuole pensare, impegnarsi, riflettere, approfondire neppure su ciò che mangia! Ci si accontenta della pappa pronta, del cotto&mangiato, di tutte le cialtronerie che vengono strombazzate ad a gran voce. Il lettore comune, solo per fare pochissimi esempi, è convinto che il Kamut sia il nome di un grano antico la cui farina non ha glutine e che faccia bene alla salute; che l'olio di palma, la margarina, la vanillina, siano velenosi; il lievito di birra o quello per dolci in bustine, siano nocivi perché  composti da additivi chimici. E tanto basta per sentirsi attento al cibo che propina alla sua famiglia quotidianamente! Vabbè, mi fermo qui che è meglio. ;). 
 A margine di queste mie riflessioni scappatemi sulla tastiera del pc, mi sto interrogando ancora sull'opportunità di dare una svolta al blog e quindi di pubblicare da adesso in poi solo "ricette perfette" per certi lettori. :D  Ne parlerò con Paola...
Intanto vi lascio con un classico della cucina povera... ché noi i milioni col blog non ce li siamo ancora fatti. :D

*Gli smanettoni esperti mi hanno spiegato che esistono programmi, bot, o come diavolo si chiamano, capaci di simulare accessi multipli a blog e siti, anche a distanza. Io  sinceramente non ci capisco un accidenti, ma pare che, se mai volessi, potrei mostrare ai webmaster di altri siti, accessi farlocchi provenienti da ammodomio.  Sarà vero? Boh? Mi dicono che esistono un'infinità di trucchi dei quali ignoro e continuerò ad  l'esisenza.

** Con le ricette di base avevamo cominciato benissimo. Poi, abbiamo desistito. In fondo chi è che ha voglia di approfondire? Noi lo facciamo per nostro conto tutte le volte che ne abbiamo voglia. Voi fate un po' come vi pare. ^________^

Polpette di pane


Ingredienti:
 200-300 gr  circadi mollica di pane secco, ammollata e strizzata
4 cucchiai colmi di formaggio grattugiato (preferibilmente pecorino)
1 uovo grande o due piccole
pangrattato q.b.
uno spicchio di aglio tritatissimo
qualche foglia di prezzemolo tritato
sale e pepe q.b.
olio extravergine per friggere
almeno 1\2 litro Sugo di pomodoro già cotto

 In una ciotola ammollare il pane raffermo, strizzarlo benissimo e mescolarvi tutti gli altri ingredienti, aggiugendo in ultimo il pangrattato per ottenere la giusta consistenza. Formare le polpette rotolandole tra le mani, farle riposare circa 15 minuti prima di friggerle, poche per volta, in olio caldo, fino a che non si formerà una bella crosticina dorata. A questo punto mettere a scaldare il sugo di pomodoro e farvi sobollire dentro le polpette per 5-10 minuti. Aggiungere una foglia di basilico e servire calde.


Variazioni sul tema
 Esiste la Polpetta perfetta
Chi la vuole morbida potrà ammollare il pane nel latte e\o aggiungere all'impasto una patata lessa e schiacciata. 
Chi la preferisce più saporità potrà mescolare all'impasto un po' di vino rosso corposo. 
E se non si volesse friggerele? Niente paura:basta disporre le polpette in una larga teglia, in un solo strato, ungerle appena con un filo di olio ed infornarle per pochi minuti in forno caldo finchè non si saranno rassodate formando una pellicina in superficie. A quel punto potranno continuare la cottura nel sugo bollente.
 Le popette di pane, fatte in formato mignon, sia fritte che semplicente al forno possono essere ottime nelle zuppe di verdure.
 Passo e chiudo,

Ornella

Testi ed immagini sono protetti dalla legge sul diritto d'autore n. 633/1941 e successive modifiche.

                                                         Copyright 2009-2017© Ornella Ammodomio - All Rights Reserved


venerdì 5 giugno 2015

Cozze alla puépp(e)tedd

Leggevo in un'intervista ad Anna Prandoni <3, direttrice di fresca nomina della prestigiosa Accademia Gualtieri Marchesi, che  oggi come oggi, bisognerebbe porre l'accento sul fatto che il cibo è cultura, nel senso più alto del termine. Come darle torto?
Prima di pubblicare le Cozze alla puèpp(e)tedd ho studiato tanto... ^_^

Cozze

Mi sono imbattuta in scritti di altissimo livello accademico sulle lingue dialettali, l'origine e l'evoluzione di certe parole. Ho scoperto addirittura  una diatriba  sul fatto che il dialetto tarantino, diverso per molti aspetti dagli altri pugliesi, possa o non, essere classificato nella grande categoria dei dialetti salentini. Libri, studi, ricerche anche di università straniere... chi se l'immaginava? O.o
Vabbè... ma questo che c'entra con le cozze? Be' con le cozze in sè nulla, ma con il termine puépp(e)tedd o meglio puèpp(e)t, sì.
Da dove deriverebbe, quindi? Sarebbe l'evoluzione di un vocabolo dialettale salentino/brindisino (Poppito/i) a sua volta originato dall'espressione latina post oppidum (trad. lett.: dopo la citta, in contrapposizione a pre oppidum- prima della città) per indicare  gli abitanti delle campagne o dei paesi limitrofi.
Successivamente si diffuse dovunque in Puglia, inteso nell'accezione dispregiativa di zotico, rozzo, cafone, campagnolo. In dialetto tarantino - in cui in alcuni casi la vocale o si trasforma in - da poppito/i è diventato  puépp(e)t
Chi erano dunque l(i) puépp(e)t? Spesso venivano chiamati così i braccianti agricoli che arrivavano nelle masserie durante il raccolto e si cibavano di friselle, uva, pomodori e di tutto quello che offriva la terra a seconda della stagione. Difficile ipotizzare che, stanchi morti dopo un giornata nei campi, arrivassero fino al mare a comprare le cozze. Più facile pensare che il termine puépp(e)tedd fosse riferito ad un modo di cucinare le cozze non consueto in città, un po' rozzo, cafone, greve, come l(i) puépp(e)t. :D
E torniamo a bomba... Quando una ricetta di casa nostra può dirsi oggi a pieno titolo, una ricetta di tradizione? Secondo me, soltanto se un gran numero di abitanti in uno stesso territorio la prepara secondo alcune caratteristiche comuni, o almeno se ne trova traccia nella loro memoria, ovvero in qualche libro di cucina. In caso contrario, se si distacca per ingredienti o modalità di cottura dalle caratteristiche comuni (fatte salve le piccole varianti di famiglia che non stravolgano le basi), sarà esclusivamente la ricetta di casa nostra, della nostra famiglia, di nostra mamma, di nostra suocera, della nonna o della zia, della sorella o della cognata... 
Vi pare sensato? Dare per scontato che la nostra sia l'unica e la sola di tradizione o addirittura spingersi a definirla antica, ma poi caduta in disuso ( come per il Mandorlaccio   che è un tipico esempio di storia inventata :D), senza uno straccio di fonte scritta o di testimonianza orale,  se non la nostra unica e sola, mi pare un po' azzardato. Oltre tutto, secondo me, si rende un pessimo servizio alla cucina di tradizione, dando per scontate notizie poco attentibili, frutto delle nostre ipotesi fantasiose.  
Insomma, da queste pagine l'abbiamo detto tante volte, diffondendo nel web palesi sciocchezze o nostre elucubrazioni, sia pure verosimili,  si fa un'informazione gastronomica scorretta e di dubbia qualità.
E veniamo alla ricetta...
Luigi Sada, medico tarantino trapiantato a Bari, grande cantore della cucina pugliese, chiama queste cozze "all' uso tarantino" o "alla peppetedda". Oltre alla u mancante (forse un refuso di stampa o forse no), l'unica differenza con la ricetta di casa mia - comune alla totalità dei tarantini veraci che conosco ed ho conosciuto nell'arco della mia vita -  è che il Sada menziona l'alloro al posto del prezzemolo.


 Cozze alla puèpp(e)ttedd


Cozze



1 kg di cozze nere

6-8 piccoli pomodori rossi oppure qualche filetto di pomodoro pelato
1 spicchio di aglio
1 peperoncino piccante (*)
4 cucchiai di olio extravergine
prezzemolo q.b.


(*) Su cozze, crostacei, molluschi e pesce, io preferisco un po' di pepe che trovo profumato, ma più delicato. Questione di gusto personale. Tuttavia, in questa ricetta un po' rozza e "cafona", il peperocino ci sta tutto. ^_^ Quindi se vi piace non omettetelo.



Lavare le cozze, strofinandole bene con una paglietta di acciaio (nuova) per togliere tutte le concrezioni, quindi tirare il bisso.

In una capace casseruola a due manici (no padella) mettere l'olio, l'aglio, i pomodorini spaccati a metà o pochi filetti di pelati, il peperoncino, le cozze. Accendere il fornello quasi al massimo della potenza, coprire la pentola con suo coperchio e impugnare i due manici.  Basteranno non più di 5 minuti a fuoco vivo, scuotendo energicamente la pentola dal basso verso l'alto, per far aprire tutte le cozze. Aggiungere il prezzemolo spezzetato a mano, mettere in una zuppiera e portare in tavola. Le cozze alla puépp(e)tedd sono ottime anche tiepide o a temperatura ambiente.


Alla prossima,

Ornella



Piesse:  A proposito di Poppiti, vi lascio una piccola curiosità che ho trovato spulciando libri e rete.. Lo sapevate che i tedeschi chiamano Poppiti i politici italiani? In alcune zone  della Germania addirittura il termine identificherebbe tutti gli italiani!!! Si provasse la Merkel a dirlo in Puglia...  :D :D :D Ma sarà vero??? Boh???

Devo assolutamente ricordarmi di chiederlo a una di loro!


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martedì 9 ottobre 2012

Seppie ripiene alla tarantina

Ricordo che nelle grandi occasioni in cui la nostra famiglia si riuniva insieme a tutto il parentado, a mia madre veniva chiesto di preparare una teglia di Seppie ripiene alla tarantina. Lei ogni volta si stringeva nelle spalle cincischiando: "se trovo le seppie che dico io, quelle piccoline, volentieri...." diceva, non dando mai la certezza che avrebbe esaudito desiderio di quanti gliel'avevano chiesta. 
Me la ricordo come fosse ieri, chiedere  al suo pescivendolo di fiducia  (Basile, in fondo a via Anfiteatro) di metterle da parte  per il giorno successivo le seppie migliori, pregandolo di pulirle togliendo anche il "becco", ma di lasciarle con la pelle e con i tentacoli"che quelle sono le parti più saporite", affermava sicura di sé. E poi bisognava comprare il pane casereccio, quello di quel tal panificio, con tanta morbida mollica, altrimenti le sue Seppie non sarebbero mai state all'altezza della fama che negli anni si erano conquistate in tutta la sacra famiglia.


Seppie ripiene alla tarantina

Una volta a casa, guardavo incantata le sue dita scavare il pane per ridurne pazientemente la  mollica in tante  piccole briciole...  Poi le metteva in un largo piatto piano che copriva con un tovagliolo e le lasciava seccare almeno una notte. Il giorno successivo, dopo aver ripassato le briciole di pane tra le dita per renderle il più piccole possibile, snocciolava le olive  nera all'acqua che le macchiavano le dita per giorni e giorni... Ma  lei non metteva i guanti, che sennò  le poteva scappare qualche nocciolo e allora sarebbero stati guai seri! Insomma, quando mia madre preparava le Seppie  ripiene alla tarantina, a casa mia si celebrava un vero e proprio rito che durava almeno tre giorni. E non perché la ricetta fosse particolarmente complicata, ma perché per certe ricette di tradizione ci vuole amore, rispetto, dedizione e il tempo che ci vuole...^_^  

Quindi oggi, cari i miei lettori :), vi tocca una ricetta di famiglia... non solo della mia d'origine of course, ma anche della quasi totalità delle famiglie tarantine.
Le dosi degli ingredienti infatti, sono opera delle mia carissima amica, nonché concittadina, Tiziana Ingrassia, custode attenta delle ricette della nostra tradizione tramandatale da sua nonna. Io invece, come la mia mamma, faccio tutto a occhio. :D


Seppie ripiene alla tarantina


SEPPIA Ripiena alla tarantina




8 seppie  medio-piccole
200 gr. di mollica  rafferma di pane casereccio
80 gr. di olive nere (quelle che tingono come queste qui)
50 gr. di pecorino * 
olio extravergine q.b.
sale q.b.

Sbriciolate ben bene la mollica del pane, mettetela in un piatto, copritela con un tovagliolo e lasciatela seccare per almeno 12 ore. Denocciolate le olive, mescolatele alla mollica, mettete un pizzico di sale - poco, eh...- olio e formaggio grattugiato, fino a formare un impasto morbido ma compatto, che sarà la farcia delle seppie. Ungete una teglia, adagiatevi le seppie riempite con la farcia, aggiungete un filo d'acqua e quel po' di ripieno che vi avanza negli gli spazi vuoti tra una seppia e l'altra. Coprite il tegame e mettetelo sul fornello a fuoco basso per 20 minuti circa. A fine cottura, togliete il coperchio, cospargetele di pangrattato finissimo, un giro d'olio e infornate con la funzione grill, max 10 minuti. Appena le seppie saranno gratinate, toglietele subito dal forno e copritele, lasciandole riposare almeno 5-10 minuti. Possono essere servite calde, ma vi dirò che, per i miei gusti,  appena tiepide danno il meglio di sé.

*La ricetta tradizionale tarantina non prevedeva l'uso del formaggio, non perchè non ci stesse bene, ma esclusivamente perchè essendo  la cucina tarantina una cucina davvero povera, lo sostituiva  con il pane secco.

Buona giornata a tutti,

Ornella


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